Milano - Dopo la positiva esperienza agli ultimi
mondiali di calcio disputati in Russia, l’inizio del campionato è coinciso con le
pesanti polemiche intorno al VAR (Video Assistant Referee) ed al suo utilizzo.
La riduzione dei casi previsti dal protocollo e l’eccessiva discrezionalità
affidata agli arbitri hanno indubbiamente contribuito ad alimentare
discussioni, esacerbando gli animi di sportivi, appassionati di calcio ed addetti
ai lavori. Se n’è parlato nel corso di un interessante seminario tenutosi ieri
pomeriggio presso l’Auditorium “Stefano Cerri” del capoluogo lombardo, in cui
erano presenti fra gli altri l’ex arbitro Paolo
Casarin, e alcuni colleghi di
prestigiose emittenti televisive.
È emerso, durante
l’incontro, che una maggior chiarezza ed esposizione delle casistiche legate
all’utilizzo del supporto tecnologico, probabilmente aiuterebbe e non poco al
suo utilizzo ed alla sua comprensione, da parte di tutti. Conclusione ovvia,
anche se allo stesso modo, ci permettiamo di sottolineare che non è possibile
ridurre la contabilità dei favori/sfavori ricevuti, soltanto ai gol ed ai
rigori dati o non dati.
Come qualsiasi sport
di squadra anche un cartellino giallo o rosso dato o non dato in un certo
momento della partita, può avere delle conseguenze sulla tenuta psicologica
degli atleti che ritengono – a torto o a ragione – di essere stati danneggiati.
“Che i tempi siano cambiati – ha osservato Franco Ordine, scrittore e tesoriere dell’ODG della Lombardia – è evidente, se pensiamo che sino a diversi anni fa, prima dell’inizio del campionato, si organizzavano degli incontri aperti alla stampa fra i dirigenti delle squadre e la classe arbitrale”.
“Che i tempi siano cambiati – ha osservato Franco Ordine, scrittore e tesoriere dell’ODG della Lombardia – è evidente, se pensiamo che sino a diversi anni fa, prima dell’inizio del campionato, si organizzavano degli incontri aperti alla stampa fra i dirigenti delle squadre e la classe arbitrale”.
Classe arbitrale che
dunque è mutata insieme al calcio, secondo l’ex arbitro Casarin, dopo i
mondiali del 1990. “Da quel momento in
poi – ha esordito -, la FIFA ha
deciso di rovesciare e cambiare tutto. Sono rimasti i campioni, ma il calcio ha
conosciuto un profondo processo di cambiamento che ha coinvolto anche noi. Quei
mondiali furono pessimi, sotto tutti i punti di vista (gioco e livello degli
arbitri) e ciò indusse la massima istituzione calcistica a chiedere maggiore
spettacolo. Sono trascorsi quasi 30 anni, e l’attuale evoluzione è prevedibile
considerando che la tendenza è quella di proteggere i giocatori ed il gioco. Ed
occorre dunque concepire in maniera diversa anche lo stesso ruolo degli arbitri
che devono adeguarsi a questo trend. Non è più infatti l’arbitro che comanda,
ma ci sono le televisioni che sono pronte ad evidenziarne gli errori e che ne
hanno dunque ridotto il margine di errore. Tutto il mondo vuole il gol perché è
il raggiungimento di un traguardo, e difficilmente è considerata spettacolo una
partita che finisce 0-0. A maggior ragione, se pensiamo che in passato ci sono
state partite il cui gioco effettivo, è stato addirittura meno della metà”.
Ma quali sono le differenze rispetto al recente passato, in cui anche l’autorità dell’arbitro non era quasi mai messa in discussione? “Sono cambiate molte cose – ha proseguito Casarin – e non si tratta solo delle magliette indossate dagli arbitri che ieri erano nere ed oggi possono essere anche gialle, ma anche e soprattutto di regole come quella, ad esempio, che non permette più ai difensori di passare il pallone al portiere con i piedi. Nel 1999 abbiamo anche sperimentato, in una finale di Coppa Italia, il doppio arbitro perché il margine di errore era diventato molto alto, salvo poi renderci conto che poteva esserci difformità di giudizio, nel valutare la stessa situazione di gioco. Un anno dopo, per tale motivo, abbiamo deciso di iniziare ad introdurre la tecnologia ben sapendo che c’erano da adeguare le relative linee guida. Annuncio che il tempo effettivo, con due tempi da 30’ ciascuno, sta per arrivare. Così come la tecnologia sarà ampliata, anche se siamo consapevoli che non sempre è stata accettata con piacere perché si preferisce l’interruzione al falso. Con la conseguenza che oggi molti arbitri continuano a fare ancora errori clamorosi e sarà proprio il VAR ad effettuare la selezione. Non abbiamo bisogno di arbitri che si sentano superiori, ne’ tantomeno della burocrazia dell’IFAB. È uno strumento che serve per aiutare, non per distruggere gli arbitri che dovranno misurarsi con i propri errori, ed avere la capacità di rimediarvi. Soprattutto, non condivido la tendenza che vuole poca o scarsa punibilità dei falli più duri commessi a centrocampo, che è il settore del campo in cui c’è la costruzione del gioco, per far piacere a chi propugna una riduzione delle interruzioni”.
Ma quali sono le differenze rispetto al recente passato, in cui anche l’autorità dell’arbitro non era quasi mai messa in discussione? “Sono cambiate molte cose – ha proseguito Casarin – e non si tratta solo delle magliette indossate dagli arbitri che ieri erano nere ed oggi possono essere anche gialle, ma anche e soprattutto di regole come quella, ad esempio, che non permette più ai difensori di passare il pallone al portiere con i piedi. Nel 1999 abbiamo anche sperimentato, in una finale di Coppa Italia, il doppio arbitro perché il margine di errore era diventato molto alto, salvo poi renderci conto che poteva esserci difformità di giudizio, nel valutare la stessa situazione di gioco. Un anno dopo, per tale motivo, abbiamo deciso di iniziare ad introdurre la tecnologia ben sapendo che c’erano da adeguare le relative linee guida. Annuncio che il tempo effettivo, con due tempi da 30’ ciascuno, sta per arrivare. Così come la tecnologia sarà ampliata, anche se siamo consapevoli che non sempre è stata accettata con piacere perché si preferisce l’interruzione al falso. Con la conseguenza che oggi molti arbitri continuano a fare ancora errori clamorosi e sarà proprio il VAR ad effettuare la selezione. Non abbiamo bisogno di arbitri che si sentano superiori, ne’ tantomeno della burocrazia dell’IFAB. È uno strumento che serve per aiutare, non per distruggere gli arbitri che dovranno misurarsi con i propri errori, ed avere la capacità di rimediarvi. Soprattutto, non condivido la tendenza che vuole poca o scarsa punibilità dei falli più duri commessi a centrocampo, che è il settore del campo in cui c’è la costruzione del gioco, per far piacere a chi propugna una riduzione delle interruzioni”.
Il successo dello
strumento tecnologico ai campionati mondiali disputati in Russia è stato dovuto
– secondo il collega Fabrizio Biasin
– “alla divisione delle competenze fra
arbitro e varista, ad un maggior clima sportivo, oltre che da un’elevata
trasparenza nel mettere a disposizione del pubblico le immagini più controverse.
In Italia, invece, non è così e ce ne stiamo già accorgendo in queste prime
giornate di campionato”.
Insomma indietro non
si tornerà, ed oltre all’introduzione dei due tempi da 30’ ciascuno, l’utilizzo
del supporto tecnologico – come ribadito dallo stesso Casarin, a margine
dell’incontro - sarà ancora più accentuato. Anche se i contrasti fra FIFA
(favorevole) e UEFA (contraria) rischiano di non fugare le difformità di valutazione,
nelle situazioni di gioco identiche o similari.
Francesco Montanino
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