Si affievoliscono ulteriormente le speranze per il Napoli di centrare il quarto posto che vale l’accesso sicuro alla prossima edizione della Champions League. Dopo la brutta sconfitta di domenica scorsa a “San Siro” contro il Milan, arriva l’ennesima prestazione deludente anche di fronte ai propri tifosi da parte di una squadra apparsa, anche stavolta, in totale confusione tattica e incapace di abbozzare uno straccio di manovra che possa definirsi tale.
L’1-1 ottenuto al cospetto di un Genoa ordinato e nulla più, alla presenza di oltre 50.000 spettatori che hanno assiepato gli spalti del “Maradona”, ha probabilmente decretato il fallimento e l’irraggiungibilità dell’obiettivo minimo stagionale. Anche perché i successi di Atalanta e Bologna, hanno portato a ben 9 le lunghezze di distanza dagli orobici e dai felsinei che, ad oggi, occupano quelli che – attualmente – sono gli ultimi due posti utilei per poter accedere alla prossima edizione della coppa dalle “grandi orecchie”. Che si annuncia come la più ricca di sempre, dal punto di vista squisitamente economico considerando i tanti milioni di euro in ballo.
Certo, restano ancora la matematica e le due gare degli ottavi di finale di Champions League da disputare contro il Barcellona a fornire argomenti a chi ancora spera in uno scatto d’orgoglio che possa dare quantomeno un senso a questi tre mesi e mezzo che ci separano dal “rompete le righe”. Ma l’impressione che si percepisce nettamente, è che neppure un miracolo di San Gennaro possa ribaltare una situazione così drammatica e – per certi versi - paradossale, come quella che si è venuta a creare dallo scorso Giugno a questa parte.
Nemmeno il più pessimista e bastian contrario dei tifosi e degli addetti ai lavori, avrebbe potuto immaginare una situazione del genere in sede di pronostici precampionato: da autentica macchina da gioco e da gol che incantava anche l’Europa, a squadra che non riesce a costruire una trama degna di questo nome e a fare gol, pur disponendo di un potenziale offensivo davvero ragguardevole.
Un’involuzione altrimenti difficilmente spiegabile, se non con le scelte a dir poco assurde e scriteriate di Aurelio De Laurentiis che – dopo averlo pazientemente creato - ha letteralmente distrutto quello che era un giocattolo perfetto. E che neppure nella sessione di mercato invernale è riuscito a non commettere errori: il non aver scelto, ad esempio, quantomeno un nuovo DS per utilizzare questi mesi che restano alla fine della stagione, si sta rivelando controproducente.
Non si tratta certo di voler attaccare umanamente e professionalmente Meluso, ma riteniamo che sarebbe stato importante sin da ora riempire questa casella con cui progettare il futuro ormai prossimo, valutando sul campo quali giocatori si meriteranno la riconferma e quali no. Se a ciò aggiungiamo anche la pessima gestione di Osimehn che è stato il primo giocatore a partire per la Coppa d’Africa, nonché l’ultimo a tornare comportandosi da vero e proprio separato in casa, si capiscono tante cose.
Diciamocela tutta: il Napoli, ormai, è allo sbando più totale. Manca chi faccia da collante fra dirigenza e giocatori, facendo capire a questi ultimi che esistono un contratto di lavoro, dei doveri da rispettare sino a quando si indossa la maglia azzurra e una tifoseria che chiede solo impegno e serietà; la comunicazione rasenta il pessimo, se non il grottesco (la dichiarazione di Lombardo, prima dell’ultima conferenza stampa prepartita di Mazzarri, che 110 conferenze stampa l’anno (ci sarebbe da chiedergli come ha fatto questo conto, ma tant’è….) si commenta da sola ed è sintomatica di un nervosismo fine a sé stesso e che di sicuro non contribuisce per niente alla causa; infine, le scelte tattiche a dir poco opinabili di Mazzarri che si ostina a tenere il belga Ngonge (che ha già salvato capra e cavoli due volte, nelle ultime settimane) in panchina, salvo poi gettarlo nella mischia solo quando è mosso dalla disperazione e il non mettere in campo la formazione con un 4-2-3-1 più logico schierando oltre al già citato Ngonge, anche Lindstroem nel ruolo di trequartista alternandosi con Kvaratskhelia sulla fascia sinistra per dare maggiore imprevedibilità in fase offensiva, sono solo la cartina di tornasole dell’inadeguatezza di un allenatore che sta riducendo in cenere, anche il ricordo positivo che molti tifosi avevano di lui, quando nel Napoli c’erano Lavezzi, Cavani ed Hamsik.
Insomma, con questi presupposti è chiaro che – salvo miracoli che nel calcio possono anche accadere, ma che allo stato attuale, fatichiamo davvero a intravedere – la stagione può dirsi quasi del tutto conclusa in maniera fallimentare, e con in più l’aggravante delle macerie lasciate in eredità sia da Garcia che da Mazzarri.
La tentazione di dare il benservito anche al tecnico toscano, ha la sua concreta ragion d’essere nel bottino di punti sin qui racimolati (appena 15 in 12 partite di campionato disputate con una media punti di 1,25), dalla posizione di classifica in cui attualmente si trovano gli azzurri (decimo posto in coabitazione con il Torino, mentre al momento del suo ingaggio erano quarti) e un numero di gol realizzati davvero preoccupante (appena 9) che attesta la sterilità offensiva di una squadra, che eppure dispone di un potenziale di tutto rispetto.
Mancava Osimehn, si dirà. Ed è vero. Ma da chi è tornato a Napoli annunciando ai quattro venti di aver studiato il Napoli di Spalletti, salvo poi imporre un’idea di gioco antiquata e lontana anni luce da quanto ci si è abituati a vedere negli ultimi anni, era lecito attendersi molto di più. Giova solo ricordare a mister Mazzarri che nella scorsa stagione il Napoli ha saputo fare di necessità virtù, anche quando il bomber nigeriano non era in campo, vincendo partite su partite e senza mai rinnegare la propria proposta di gioco. Contrariamente, a quel che stiamo assistendo quest’anno dove gli azzurri faticano oltre l’inverosimile, per costruire e concretizzare le azioni che producono e non sanno ciò che devono fare a causa dei continui cambi di modulo cui sono stati sottoposti, dall’arrivo di Mazzarri.
Il campo ha infatti impietosamente raccontato ben altro, con una squadra che appare spaesata in mezzo al campo, e che si affida alle sole giocate di un Kvaratskhelia (tartassato da arbitri e avversari, quale ciliegina su una torta già di per sé pessima e disgustosa) che predica nel deserto di una mediocrità che sconcerta e lascia letteralmente sbigottiti, se solo pensiamo a ciò che era il Napoli non più tardi di 12 mesi fa.
L’esonero di Mazzarri, alla luce di questi numeri così impietosi, forse è tardivo ma altresì necessario. La decisione di affidare la squadra a Francesco Calzona, che ha già collaborato negli anni scorsi con Sarri e Spalletti e che ben conosce le dinamiche dello spogliatoio azzurro, andava probabilmente presa, quando si era capito che Garcia era inadeguato. La scelta che è poi ricaduta su Mazzarri, basandosi solo su mere esternazioni che però non hanno trovato conferma dal campo, ha rappresentato un altro grosso errore commesso da De Laurentiis perché il tecnico toscano si è dimostrato totalmente inadeguato.
I tifosi sperano che il terzo allenatore che siede sulla panchina del Napoli in questa tribolata stagione, possa ricondurre gli azzurri su sentieri tattici che ben conoscono.
Calzona, che attualmente è ct della nazionale della Slovacchia, non avrebbe difficoltà a svolgere il doppio incarico. E, come suo vice, circola con insistenza il nome di Marek Hamsik che ha lasciato un bellissimo ricordo nel cuore dei supporters, per l’attaccamento alla maglia e la grande professionalità dimostrata. Quale ultimo gradito ritorno, infine, dovrebbe esserci anche quello del preparatore atletico Francesco Sinatti che Spalletti ha voluto portare con sé nella nazionale, e che ben conosce le caratteristiche dei giocatori azzurri. Ci sarebbe da superare l’ostacolo rappresentato dalla FIGC di Gravina (che ben ha tutelato quei brand che non sono certo un esempio di moralità, tutt’altro….) con la quale i rapporti sono per nulla idilliaci per la questione della penale richiesta da De Laurentiis, all’attuale commissario tecnico.
L’accordo con Calzona e il suo staff, durerebbe fino al termine della stagione, in modo da poter poi tirare le somme e capire quale percorso poi intraprendere.
Ovvero, se affidarsi a un tecnico che ricalchi – quale proposta di gioco – quella che con tanto successo hanno portato avanti prima Sarri e poi Spalletti. Oppure, se voltare definitivamente pagina e intraprendere un nuovo progetto con un allenatore (Conte o Tudor) che puntano più sulla fisicità e sull’iniziativa dei singoli, che non su una manovra avvolgente che basa la propria forza sul collettivo.
Per questo motivo, importante sarà scegliere bene in primis il Direttore Sportivo che dovrà essere in grado di architettare il mercato della società, nella prossima estate. Riteniamo imprescindibile, la riconferma di punti fermi come Kvaratskhelia e Lobotka (sempre ammesso e non concesso, che li si riesca a trattenere e con questa dirigenza non è così scontato come si può essere indotti a pensare) cui aggiungere quei calciatori che avranno meritato sul campo la riconferma, e quei nuovi che avranno davvero fame e voglia di vincere.
Dipende tutto però dalla luna di Aurelio De Laurentiis: se avrà per davvero capito gli errori macroscopici commessi in questa disgraziata stagione, facendosi da parte e lasciando spazio a chi di calcio ne sa più di lui, allora ci saranno tutti i presupposti per ripartire con rinnovate ambizioni. E con in più, la feroce voglia di riscattare ciò che è stato sbagliato in questi ultimi 8 mesi.
Se così invece non dovesse essere, il destino del Napoli sarebbe segnato verso l’appiattimento su uno standard di mediocrità, che non lascerebbe presagire davvero nulla di buono. E a poco servirebbe, lo sventolare il bilancio a posto (utile di 81 milioni e riserve accumulate ammontanti a 147 milioni di euro) se poi i risultati sul campo non saranno all’altezza delle aspettative dei principali consumatori del “prodotto” Napoli: ovvero, i tifosi!
Francesco Montanino
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