CONFEDERATIONS CUP, LA PRIMA VOLTA DELLA GERMANIA



San Pietroburgo – La Germania si aggiudica la decima edizione della Confederations Cup. Nella finalissima disputata nell’avveniristico impianto di una “San Pietroburgo Arena” gremita ed in cui erano, fra gli altri presenti in tribuna vip Ronaldo e Maradona (che hanno premiato i giocatori in campo prima della cerimonia di chiusura), gli uomini di Joachim Low hanno regolato il Cile con il minimo scarto (1-0).
I tedeschi si dimostrano, in questo periodo, autentici “cannibali” dal momento che, anche con una formazione decisamente giovane e sperimentale riescono a prevalere, e ad andare fino in fondo nelle competizioni in cui partecipano. Non sfugge a questa regola neppure la Confederations Cup che sinora non aveva mai visto la Germania collocarsi sul gradino più alto del podio.
Dopo aver trionfato solo pochissimi giorni fa nel Campionato Europeo Under 21 disputato in Polonia, i teutonici hanno primeggiato anche in quella che viene considerata dagli addetti ai lavori, come l’anteprima dei Mondiali di Calcio. Lanciata dunque la sfida per bissare il successo iridato di Brasile 2014, potendo anche contare su un ricambio generazionale che promette molto bene. 

E che rappresenta una garanzia per un Low, che si è così potuto togliere anche alcuni sassolini dalle scarpe, pensando alle critiche ricevute in patria, in sede di convocazioni, per aver gettato nella mischia giocatori che non avevano mai disputato tornei di questo tipo. Una squadra quadrata, ben messa in campo, che sa anche soffrire e che gioca un calcio efficace e propositivo: con questo mix vincente, i tedeschi hanno avuto la meglio di un avversario che ci ha provato fino all’ultimo, ed a cui va comunque reso l’onore delle armi.
Il Cile, dal canto suo, ci ha messo il cuore, disputando una partita dignitosa e gagliarda ma alla fine ha dovuto alzare bandiera bianca di fronte alla forza ed alla concretezza evidenziati da una Germania che, dopo aver sofferto per i primi 20 minuti la verve e l’intraprendenza dei sudamericani (pericolosi con due conclusioni ravvicinate di Arturo Vidal), l’ha poi colpito alla prima occasione utile.

Era infatti il 21’ quando, dopo un’ottima occasione fallita da Alexis Sanchez, sull’immediato capovolgimento di fronte Marcelo Diaz sbagliava clamorosamente il disimpegno e permetteva a Werner di regalare il più comodo degli assist che Stindl (già a segno contro i cileni nella fase a gironi) non doveva far altro che depositare nella rete ormai sguarnita. La roja provava a reagire con alcune conclusioni da fuori area di Vidal, ma Ter Stegen si limitava solo ad interventi di ordinaria amministrazione dopo gli spaventi di inizio gara.

Anzi, erano i campioni del mondo a fallire con Goretzka e Draxler (premiato come miglior giocatore della competizione) in diverse occasioni il 2-0, sempre approfittando delle incertezze manifestate dalla retroguardia cilena.
In particolare Goretzka, quasi allo scadere della frazione di gioco, si faceva letteralmente ipnotizzare da Bravo che teneva fede al suo cognome sventando, con un'uscita alla disperata, un altro pericolo nato da una palla persa in maniera maldestra in fase di disimpegno.
Nella ripresa, non cambiava il canovaccio dell’incontro con il Cile che provava a spingersi in avanti ed una Germania che non solo riusciva a difendere con ordine ma in maniera sorniona, con un monumentale Draxler, trovava sempre il modo di rendersi minacciosa  dalle parti di Bravo.

Al 64’ altra svolta del match: l’arbitro serbo Mazic  (autore sin lì di un’ottima prova) fermava il gioco ricorrendo alla VAR per sanzionare solo con un giallo una brutta gomitata di Jara su Kimmich. Un intervento apparso a tutti da rosso diretto, ma non per il direttore di gara che non ha voluto assumersi la responsabilità di applicare soltanto ciò che la moviola aveva invece evidenziato in maniera lapalissiana. 
La discrezionalità degli arbitri resta sicuramente un problema da superare urgentemente dal Board della FIFA nelle sue prossime riunioni, perché altrimenti la moviola in campo è destinata purtroppo a fallire. L’ausilio tecnologico supera la prova a pieni voti ma gli arbitri con le loro, consuete manie di protagonismo hanno comunque trovato il modo di rovinare tutto.
Il direttore di gara, con questo clamoroso errore, teneva dunque in gioco i sudamericani che continuavano a non lesinare interventi duri ed al limite del regolamento, provando ad innervosire gli avversari che dal canto loro gestivano con impressionante tranquillità la situazione. Come logica conseguenza, la gara diventava più brutta perché spezzettata dalle continue interruzioni ma era comunque in bilico con l'1-0 che lasciava tutto ancora in discussione. Al 71’, Vargas e Sanchez provavano, con un'azione insistita, a scardinare il muro difensivo predisposto dai tedeschi, ma con scarsa fortuna.
Due minuti dopo, era ancora l’ex calciatore del Napoli a liberarsi in piena area tedesca ma la sua conclusione era fiacca e facilmente bloccata da Ter Stegen. Il Cile continuava  generosamente a premere ed al 75’ chiedeva il rigore per un intervento, in realtà assolutamente pulito, su Vargas che reclamava e rimediava l’ammonizione. La successiva conclusione di Vidal veniva deviata in corner, nella disperazione del centrocampista in forza al Bayern Monaco. La panchina cilena protestava vibratamente per il penalty e ne faceva le spese il ct Pizzi, allontanato dal campo dal direttore di gara.

All’80 una velenosa conclusione di Aranguiz era smanacciata in angolo da Ter Stegen. Pizzi le provava tutte, e da bordo campo richiamava in panchina Vargas ed Aranguiz, inserendo Puch e Sagal. Ed erano proprio i due nuovi entrati all’84’ a confezionare una ghiotta palla-gol, anche approfittando di un’incertezza di Ter Stegen. La conclusione di Sagal a porta vuota era però incredibilmente alta. 
La Germania si limitava a controllare, senza però riuscire ad affondare il colpo quando nelle battute finali si aprivano invitanti spazi in una retroguardia cilena che si sguarniva, nel disperato tentativo di raggiungere il pareggio. Nel quarto dei 5’ di recupero, Ter Stegen era bravo a disinnescare una pericolosa punizione dai 20 metri di Sanchez, e regalava così il successo ai suoi.
Nella finalina per il terzo posto, a Mosca il Portogallo nel pomeriggio ha superato, non senza soffrire, ai supplementari (2-1) il Messico al termine di una gara gradevole e ricca di colpi di scena. Orfani di Cristiano Ronaldo che non è stato della partita per motivi personali, i lusitani nella prima frazione di gioco avevano la possibilità di portarsi in vantaggio dal dischetto con Andrè Silva, dopo ricorso alla VAR. La conclusione del neo-milanista era però lenta e prevedibile e così Ochoa aveva buon gioco, rifugiandosi in angolo. 
Sventato il pericolo, il Messico si riorganizzava ma era sempre il Portogallo a costruire le migliori occasioni da gol. Si andava al riposo sullo 0-0 e la ripresa si apriva con il vantaggio dei centroamericani che andavano a segno con una sfortunata deviazione di Neto, sul cross del “chicharito” Hernandez.
I Campioni d’Europa si catapultavano in massa in attacco ed era sempre l’estremo difensore messicano (fra i migliori in campo) ad opporsi ai tentativi dei rossoverdi. E quando i giochi sembravano fatti, ci pensava Pepe a mandare le squadre all’overtime con una conclusione di destro straordinariamente precisa.
Il Messico accusava il colpo ed i portoghesi si vedevano assegnato dal direttore di gara Al-Mirdasi il secondo penalty dell’incontro. Stavolta Adrien Silva non lasciava scampo a Ochoa e così gli uomini di Santos non dovevano far altro che gestire il vantaggio fino alla fine. Le squadre finivano in 10, per le espulsioni di Nelsinho (Portogallo) e di Raul Jimenez (Messico), a distanza di pochi minuti.
Cala dunque il sipario sulla Confederations Cup ma il count-down verso i Mondiali, è ormai partito.

L’organizzazione esce a pieni voti da queste due settimane di partite, come attestano gli oltre 600.000 tagliandi staccati per assistere allo spettacolo, i tanti bambini presenti sugli spalti, gli spostamenti gratuiti con i mezzi di trasporto pubblico appositamente predisposti per coprire le lunghe distanze fra una città ed un’altra, e la generale ed unanime soddisfazione degli atleti, che si sono sentiti a proprio agio per il trattamento ricevuto.
In sede di analisi squisitamente tecnica, emergono alcuni interessanti spunti di riflessione. Manca, è vero, solo un anno ma appare chiaro che questa Germania così solida e ricca di talento è l’indiziata numero uno per ritrovarsi, ancora una volta, davanti a tutti. Se anche nei momenti in cui non sono accreditati per il successo finale i tedeschi la spuntano, più di un campanello d’allarme per i tradizionali avversari (Brasile ed Argentina in primis, seguiti da Spagna, Francia ed Italia) sarà sicuramente scattato.
Bene anche il Cile che ha confermato di essere formazione rognosa e pronta a dare filo da torcere a tutti, mentre ha deluso il Portogallo di CR7 che inizia a sentire il peso degli anni ed è l’unico a portare la croce in una compagine, afflitta da una sterilità offensiva che da sempre, del resto, è il suo principale tallone d’Achille.

Non ci si aspettava infine molto da una Russia che espone il cartello “lavori in corso” e sulla quale Cherchesov nei prossimi 12 mesi dovrà lavorare assai duramente per evitare figuracce, quando si farà sul serio e non sarà più possibile sbagliare.

                                                                               Francesco Montanino

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